Due vite, un legame:le conseguenze di un incontro

Ognuno di noi diventa la persona che è grazie alle persone che ha incontrato, grazie a tutte quelle persone che ha solo sfiorato o cercato disperatamente nonostante tutto. Grazie alle parole, ai gesti e agli sguardi che hanno inciso la natura dei loro legami e delle loro storie.
Nel tempo dell’adolescenza, quando ogni cosa inizia a mutare e ci si incomincia ad avventurare nello spazio ancora inesplorato della vita adulta, il dono dell’altro e dell’amicizia porta con sé una luminosità maggiore. Innesca un’energia che spinge a salire più rapidamente i gradini del proprio io, fino a farci intravedere, per la prima volta, grazie all’altro, quel che potremmo essere o diventare. I legami così speciali di quei giorni si affievoliscono nel tempo e con la maturità dirottano verso forme sempre diverse e più complesse di relazioni ma rimangono comunque inscritte nella memoria del cuore e nelle radici del nostro essere anche se, non sempre intravediamo e siamo capaci di riconoscere davvero il valore dell’omaggio ricevuto. 
Anche da adulti, quando passiamo giornate intere con un amico e l’altro ci dona parte del suo tempo e del suo essere, non sempre ci viene spontaneo ed immediato riconoscere il suo valore ed esprimere la propria gratitudine. Lasciamo che il tempo faccia la sua parte, trascurando la pienezza e l’importanza di quel sentimento. Diamo per scontato che “tutto ci sia dovuto”anche quando dovremmo riconoscere a qualcuno di aver fatto qualcosa di saliente per noi, anche solo per la sua presenza.

Quella di G. e D. è la storia di un incontro casuale e di un legame che fortifica. Una vicenda che apre le porte alla speranza e al cambiamento e lascia fiorire la pregnanza del sentimento della gratitudine nel mantenimento e nella forza dei legami.
Due vite, segnate da una qualche frattura guerresca e sotterranea, si conobbero a bordo di un treno. Ogni mattina quello scomodo mezzo le traghettava verso avversità e peripezie lavorative condivise. In quegli attimi di tempo, D. e G. cominciavano a raccontarsi, ad annusarsi, a sentirsi e a riconoscersi. Sulle spalle trasportavano storie diverse ma emozioni simili. Smosse da un sentire comune che le accomunava e le avvicinava, le due donne iniziavano, ignare, ad incontrarsi proprio in quei punti in cui i luoghi dell’anima erigono barriere. L’una iniziò a depositare dentro di sé il bagaglio e il peso dell’altra. L’ una conservò in sé forze e fragilità sconosciute. Da quel momento in poi, la rete dell’amicizia e dell’incontro, avrebbe scalfito il piccolo muro che avevano edificato con i mattoni della distanza e della razionalità permettendo ai colpi del desiderio, della brama, del dubbio e della propria mortalità di emergere lentamente.
 Due anni dopo da quel loro primo incontro le due donne intrapresero, come spesso accade nella vita, sentieri diversi. Non più a bordo dello stesso treno, G. e D. si ritrovarono ad affrontare nuovi viaggi e sfide differenti. I nuovi percorsi le tenevano apparentemente più distanti ma forse proprio quelle distanze le avrebbero, un giorno, ulteriormente riavvicinate, l’una nella memoria dell’altra. Ciascuna aveva ormai edificato uno spazio nella dimora dell’altra. Entrambe si sarebbero riscoperte cambiate ed arricchite. 
Quando il tempo impone all’amicizia di allontanarsi da quegli spazi esclusivi in cui prima riusciva ad abitare da sola, lasciando che la vita prenda forma davanti a sé, spesso non avrà più le caratteristiche di quel piccolo lago tranquillo che ci si aspettava, ma di un oceano molto più complesso e difficile da gestire. Allo stesso modo anche a D. e G. successe di inciampare con il tempo nell’esplosione di un ordigno che minaccia e scalfisce la qualità del legame e del sentimento. Nessuna delle due però dimentico nella memoria del cuore le tante parole e carezze salvifiche ricevute in passato in quel pezzo di storia condivisa. Nessuna delle due poté cancellare la gratuità dei doni ricevuti. Il riconoscimento e la gratitudine di quel bene ricevuto in passato, cancellò rancori e malintesi consolidandone ulteriormente il legame.
La storia di G. e D rimanda la nostra riflessione al concetto di gratitudine e al suo legame con la riconoscenza. Essa infatti, è una disposizione dell’animo che non si esaurisce alla mera consapevolezza del bene ricevuto ma implica innanzitutto un’operazione di riconoscimento del valore dell’Altro e del significato che per noi ha assunto ogni suo gesto. Pur essendo una disposizione innata nell’individuo, visibile per esempio nell’abbraccio spontaneo di un bambino quando ricambia la gratuità dell’affetto ricevuto attraverso un abbraccio spontaneo ed immediato, non è un sentimento facile da esplicare e richiede di essere coltivato e rafforzato. Se infatti diventiamo adulti guardinghi per nostra storia di vita o educazione ricevuta e tendiamo a percepire l’altro come cattivo, estraneo e minaccioso, difficilmente riusciremo a scorgere nell’altro una qualche forma di bontà gratuita ricevuta. Al contrario ne cercheremo, sospettosi, le tracce di un qualche secondo fine velato.
Come disposizione da coltivare, la gratitudine chiede allora di interrogarsi sul proprio grado di permeabilità:

“ …Posso essere riconoscente soltanto se riesco a fare spazio all’altro dentro di me, mettendo da parte le mie storie, le mie convinzioni, anche qualche mia certezza se necessario..”
(Se questo è un altro, Grandi, 2019)
 ovvero su quanto siamo davvero capaci di vivere un incontro autentico, su come e quanto ci lasciamo attraversare dall’altro e dai suoi vissuti permettendogli di dimorare nelle nostre case. In questi termini la gratitudine diviene innanzitutto un sentire dentro di sé la presenza e la sostanza di quell’ incontro. Ed è proprio grazie a quel sentire che essa riuscirà a smuoverci nuovamente verso l’altro attraverso un impegno affettivo di restituzione gratuito e mai sancito. In tal modo, anche innanzi ad inevitabili dissapori e conflitti, la gratitudine riuscirà a recuperare in memoria ciò che di positivo e costruttivo vi è stato salvando e rinvigorendo all’occorrenza la qualità e la forza di quel legame. 
L’esposizione ad un siffatto sentimento ci espone a maggiori possibilità di crescita e di cambiamento. Nella storia riportata sopra, per esempio, anche dopo la rottura del loro legame G. e D. non dimenticarono la gratuità dei doni preziosi che un tempo si erano scambiate reciprocamente. Proprio quei doni le avevano trasformate nelle donne del loro presente, donne più ricche e vigorose di quelle del loro passato. Il recupero nel cuore di quella preziosa gratuità ricevuta non poteva cancellare le fondamenta di quel legame e lasciare ai conflitti e ai rancori temporanei di prevalere. La permeabilità dei loro cuori e la tenerezza con cui riconobbero ed espressero gratitudine reciproca, era in realtà l’espressione più elevata ed evidente della loro capacità di donare amore all’altro. 

“La gratitudine è uno dei pilastri dell’amore. La gratitudine è sintomo di salute, di vitalità. La gratitudine è soprattutto essere grato per le cose dette o ricevute, l’amore è la nostra capacità di restituire gratitudine…”
(Se questo è un altro, Grandi, 2019)

Le finzioni e le distanze dietro al quale si erano protette per anni lasciarono dunque spazio a nuove possibilità di cambiamento, al futuro e a nuove speranze inattese.

“Quando siamo esposti a un sentimento potenzialmente in grado di suscitare gratitudine, anche se non l’abbiamo mai sperimentata, e se non siamo proprio delle belve, raccogliendolo abbiamo la possibilità di cambiare. Ecco perché la gratitudine è orientata anche al futuro, aprendo la strada al cambiamento e alla speranza…”
(Se questo è un altro, Grandi, 2019)

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