Bambini e genitori:la ricerca di nuovi spunti di adattabilità al Covid-19

Il confinamento forzato in casa, causato dall’irruzione repentina del corona virus nelle nostre vite, ci ha portato a confrontarci con la perdita delle nostre abitudini e delle nostre attività  deprivandoci  di quegli stimoli significativi che  prima riempivano il nostro psichismo. Quello che è stato soprannominato come “nemico invisibile”  sembra  dunque averci allontanato da quel nucleo  intimo e  soggettivo che  ci definiva spostandoci verso  spazi ristretti  e tempi sospesi.  Pur incalzando tacitamente noi tutti alla responsabilità e all’obbedienza, parlare del fenomeno come di un “male invisibile” può essere però  controproducente e incalzarci verso atteggiamenti passivi ed evitanti che non promuovono benessere.
Come ogni forma  di perdita e di separazione, anche quella indotta dal Covid 19, può spingerci verso un ulteriore sforzo vitale e creativo volto a ricercare  e ricreare input  e condotte inedite più funzionali al corrente divenire comportando una ristrutturazione positiva del  proprio mondo interno se con coraggio, positività e progettualità rinnovata si ha il coraggio di cambiarne la prospettiva.
Il cambiamento di prospettiva a cui faccio riferimento è un invito a ridimensionare codesta perdita e a riconsiderarla in un ottica diversa. Potremmo cioè sostenere con maggiore vitalità ed entusiasmo che le abitudini e le attività del nostro recente passato non si sono del tutto annullate ma modificate chiedendo a noi tutti uno sforzo ulteriore  di adattamento alle modiche apportate dalle nuove richieste ambientali. 
Significativa a tal proposito è stata per esempio l’irruenza nelle nostre vite di nuovi mezzi-stimolo, quelli virtuali, che si sono inseriti nelle nostre vite in maniera  ancora  più irruenta, significativa e oserei dire salvifica rispetto al periodo precedente, già segnato dalla tecnologia. Come conseguenza di ciò i confini tra noi e il mondo esterno si sono inevitabilmente rimodellati come la qualità e la natura delle relazioni umane. Ma senza tali strumenti saremmo stati  costretti  alla rinuncia totale delle nostre esperienze ed attività pratico-affettive costringendoci davvero ad una condizione di pericoloso isolamento e soppressione degli stimoli. Tale considerazione ci induce innanzitutto a rivalutare la valenza di tali strumenti. Pur rimanendo coscienti dei limiti del digitale, l’avvento del corona virus ancor di più ci sollecita ad abbandonare un approccio estremista e demonizzante nei confronti di tali ausili e a considerarli positivamente per ciò  che di utile e ammortizzante ci stanno offrendo. Essi per esempio, hanno permesso di alleggerire una delle maggiori perdite a cui siamo andati incontro, quella relazionale permettendoci di fare un distinguo fra distanza fisica e distanza sociale. La distanza fisica è quella a cui tassativamente siamo chiamati a rispettare con rigore e responsabilità nel rispetto della legge. Quella sociale invece è una distanza che può e deve necessariamente essere ridimensionata proprio grazie all’intervento delle tecnologie che ci consentono di arginare tali distanza fisiche, preservare i contatti visivi e uditivi fra le persone salvaguardandone la vicinanza emotiva.
Fatta questa premessa possiamo ora chiederci in che modo bambini e genitori possono vivere le loro esperienze paratico-emotive all’interno delle mure domestiche e quali possono essere le strategie più utili per favorire nuove abitudini e condotte più adeguate alle esigenze di tutti i membri della famiglia, bambini e adulti.

Un primo importante cambiamento per i bambini è stato per esempio la chiusura improvvisa delle scuole. Tale perdita si è verificata nel vissuto dei bambini senza un preavviso e un saluto fisico-corporeo ed emotivo concreto.
I confini dei bambini si sono dunque ridefiniti  all’interno delle mura domestiche ed è venuto meno il contatto fisico con l’esterno.
 Dopo le prime gioie ed  espressioni di entusiasmo, liberati delle fatiche,  dai successi o dalle  frustrazione a seconda dei casi specifici, i bambini  hanno iniziato ad avvertirne i primi effetti e ad esprimere vissuti legati alla noia ognuno facendolo o esprimendolo attraverso modalità consone  alle loro peculiarità e al loro modo specifico di essere al mondo.
Ma cosa chiedono e di cosa hanno davvero bisogno i bambini  in questo momento di reclusione casalinga?
 Partendo dal presupposto che i bambini  non sono ancora in grado di mentalizzare ed hanno ancora un esperienza del mondo interno ed esterno corporea, filtrata cioè dal vivere corporeo, dalle relazioni e dal gioco, (attività che in condizioni normali ritrovano nel vivere comunitario e sociale)   sembrano in realtà chiedere le stesse cose o cose simili a quelle di cui avevano bisogno prima. Per accogliere e soddisfare tali bisogni e fronteggiare al tempo stesso le proprie incombenze ed esigenze, i genitori si sono ritrovati a calarsi in nuovi ruoli, affrontare   compiti inediti e soddisfare con altre modalità gli stessi bisogni di prima. Si sono inoltre confrontati maggiormente con il loro ruolo educativo e genitoriale dovendo ancor di più rispetto al passato coniugarli con i propri impegni lavorativi. Tali sforzi possono aver sollecitato diversi vissuti emotivi negli adulti a seconda  delle loro risorse, fragilità e peculiari capacità di modellamento. Ai genitori è stato per esempio  richiesto di improvvisarsi insegnanti guidandoli durante le lezioni on line e nello svolgimento dei compiti generando non pochi problemi di natura anche pratica organizzativa, come per esempio la condivisione del pc fra più fratelli. Al di là delle questioni organizzative,sicuramente necessarie e inevitabili, occorre non enfatizzare eccessivamente la dimensione del fare su quella dell’essere. L’avvento del corona virus sembra aver messo maggiormente in evidenza quanto la logica del fare dominasse sulle nostre vite su quella dell’essere. Tutti ci siamo ritrovati a fronteggiare l’incombenza del nulla abituati come eravamo a stili di vita più centrati sull’operatività e la produttività seguendo la scia di tacite direttive e richieste sociali. Tali propensioni rischiano di trascinare ancora di più l’adulto alle prese con il proprio lavoro e con la gestione dei propri figli a  riempire i tempi dei bambini inseguendo la logica del fare su quella dell’essere. Rivalutandola in positivo la reclusione forzata può essere una buona opportunità per ritrovare ed esaltare la  dimensione dell’interiorità, il valore dell’essere e delle relazioni sociali. In tal modo i nostri giorni possono allora trasformarsi in momenti di riscoperta dei valori genuini persi, di ripensamenti e riorganizzazioni progettuali positive di sé e del mondo esterno. 
Ciò detto non si può neanche trascurare l’imprescindibile esigenza dell’adulto di darsi un organizzazione e programmare i propri piani centrati sul fare. Il punto centrale non deve però essere per l’adulto il darsi un organizzazione ma in primis fare ordine fra i reali bisogni del bambino e quelli dei genitori  arrivando a costruire insieme una cosiddetta “buona” organizzazione.  Per  “buona”intendiamo, come direbbe Winnicott  un organizzazione “sufficientemente buona” che abbia cioè ben in mente il bambino nei suoi vissuti emotivi  e nei suoi bisogni. Per essere tale la “buona” organizzazione non dovrebbe essere data dal pianificare una lista di cose da fare ma dovrebbe essere legata alla logica del processo e del dato qualitativo esperenziale-relazionale offerto ai loro figli. É utile avere in mente che i bambini vogliono anche il tempo dei genitori. Occorre pertanto organizzare porzioni di tempo per i bambini e porzioni di tempo in cui i bambini si sperimentino in autonomia. Può essere utile per esempio fare una riunione familiare in cui si pianifica la conduzione della giornata e il cosa fare insieme non lasciando esclusivamente ad un membro della famiglia il compito di pianificare. Anche i bambini stessi possono essere coinvolti nella distribuzione di ruoli e di compiti. Ciò può aiutarli a  farli sentire attivi nel processo, utili e importanti. Occorre inoltre pazientare e darsi del tempo per abituarsi alle nuove abitudini. Le difese e le resistenze di ciascuno di noi erigono mura resistenti al divenire e al cambiamento. Pazientare e accarezzare docilmente l’attesa con indulgenza verso noi stessi e gli altri può essere vantaggioso per arginare sollecitazioni emotive disturbanti e scoppi di nervosismo improvvisi. 
 La programmazione delle giornate, se “sufficientemente buona”, potrebbe dunque risultare un alleata  per darsi dei tempi  che scandiscano quello che con il corona virus stiamo vivendo come un “tempo interrotto”. L’improvvisazione ai tempi del corona virus potrebbe generare certamente non poche problematicità. La scansione di attività e di orari è invece una buona strategia, soprattutto per i bimbi o i genitori più ansiosi, per regolare l’ansia dando regolarità e senso a ciò che facciamo. Inoltre l’idea di creare e mantenere nuove abitudini aiuta a sentirsi costruttori attivi della propria realtà, a non sentirsi sopraffatti generando messaggi impliciti di progettualità in divenire e  di ritorno positivo ad una futura normalità.

Rivalutare la dimensione dell’essere su quella del fare significa anche dare maggiore spazio alla  cura e alla qualità delle relazioni con tutti i membri della famiglia. Intuire le nostre e le altrui emozioni non sempre è facile maggiormente in momenti come questi di elevata sollecitazione emotiva e prolungata permanenza in casa. La convivenza forzata e prolungata potrebbe per esempio accentuare le dinamiche di gelosia fra fratelli o esasperare i genitori quando poco soddisfatti  dello svolgimento dei compiti dei loro figli. Nel nostro presente occorrerà ancor di più abbassare le aspettative ed essere più indulgenti nei confronti dei bambini. Sovraccaricarli di compiti per riempire i tempi interrotti può frustrarli inutilmente ed essere controproducente. È importante che i bambini siano richiamate alle regole e ai loro impegni ma non è cosi importante che imparino bene a tutti i costi. Abbassare le aspettative prestazionali e avvicinarsi al loro mondo emotivo talvolta può essere molto più producente di un sovraccarico cognitivo. Gli apprendimenti passano infatti attraverso le relazioni e l’ affettività. Occorre non dimenticare la valenza emotiva relazionale sottostante ai processi di apprendimento e non dimenticarne il suo senso primario. Anche quando i bambini sono disubbidienti e poco propensi verso gli impegni, gli adulti costruiscono rispetto e autorevolezza non con le proibizioni, le punizioni e le regole ma attraverso l’ascolto e la promozione di un dialogo emotivo e sincero.
Proprio la vicinanza affettiva è inoltre indispensabile per avvicinare l’adulto alla comprensione di come i bambini vivono la peculiarità di questi giorni.
I bambini sentono e filtrano la situazione di pericolo e gli stati emotivi dei genitori e del mondo esterno ma non hanno ancora parole adeguate per spiegarseli. Essi tentando a maneggiare i propri e gli altrui vissuti emotivi nei giochi dove mettono in scena la propria quotidianità. Occorre dunque spiegare ed essere sinceri con loro su quanto sta accadendo usando parole semplici, chiare e adeguate all’età e facendo attenzione alle informazioni provenienti dall’esterno.. La televisione sempre accesa è per esempio un rumore che disturba e alimenta la circolazione di informazioni incomprensibili e allarmanti. Non dobbiamo lasciare che i bambini assorbano le ansie degli adulti e  del mondo esterno alimentando fantasie minacciose. Possiamo dire  ai bambini che siamo preoccupati, usare la creatività parlando dei nostri e dei loro sentimenti. Possiamo aiutarli a capire    utilizzando per esempio le metafore. Non serve al bambino chiedere “cosa provi” ma aiutarli ad esprimere le emozioni con il gioco simbolico e creativo o ricorrere ad esempi del passato a loro noti e comprensibili per spiegare l’evento presente. In questo modo i bambini sentono che i genitori sono vicini ai loro sentimenti. I bambini potranno poi mostrare i loro disegni o altri prodotti creativi ai nonni, alle maestre agli amici agli adulti aprendoli alla socialità e alle relazioni.
Con i bambini più grandi è invece utile incoraggiarli ad avere un pensiero critico su quello che sentono e ricevono ponendosi domande. In entrambi i casi, cercare di capire che idea si sono fatti del corona virus e del motivo per cui sono reclusi a casa è indispensabile per dare loro spiegazioni più efficaci. 
 Per alimentare l’assetto  emotivo relazionale  e creare ulteriore vicinanza potrebbe inoltre essere utile raccontare storie di vita ai bambini. I bambini sono assettati di questi racconti, attraverso i quali riescono ad imparare altre storie di vita. Altro aspetto essenziale è il mantenimento di momenti dedicati al corporeo e al gioco non solo perché  un altro effetto negativo del confinamento sociale potrebbe essere l’aumento del peso e della disregolazione alimentare ma anche perché i bambini per natura hanno una maggiore energia da spendere. Il movimento e l’attività corporea è inoltre per loro essenziale per stimolare il funzionamento menatale e cognitivo e regolarne l’emotività.
Occorre dunque che i genitori, adattandosi alle proprie disponibilità fisiche e di tempo, inventino qualche gioco ludico che coinvolga se possibile anche il movimento e le dinamiche corporee. I bambini apprezzano se gli adulti scendono al loro livello e ciò può inoltre essere utile anche per gli adulti stessi ad allentare le proprie fatiche, distrarsi  e ritrovare il proprio sè bambino. Si può inoltre scrivere un diario sulla propria esperienza corona virus e rileggerlo insieme quando tutto sarà finito. Ciò potrebbe essere molto utile per capire come vivere bene i cambiamenti in futuro e apprendere dalle proprie esperienze passate. 

Al di là della specificità del tema trattato, le “strategie pratiche” e le riflessioni innanzi riportate ci dimostrano come proprio in momenti  critici e delicati come questi, la riscoperta della propria forza vitale e creatrice è un elemento cruciale per andare avanti, superare difficoltà e crescere. La sospensione di questi giorni può  dunque essere un buon momento per aprirsi verso una riflessione personale, capire dove si è arrivati, dove  ancora si vuole arrivare e quali nuove strategie adattive occorre ancora sviluppare. La lunga attesa potrebbe cosi trasformarsi in un momento produttivo per sé stessi, un investimento personale su risorse e competenze da alimentare in vista di mete e progettualità future. La riscoperta della propria spinta creatrice e vitale può dunque essere utile  per alleviare l’oppressione casalinga, ridefinire chi siamo e chi ancora vogliamo essere e caricarci di ulteriore carburante per Rinascere  ripartendo più forti e carichi di prima.

Con speranza e incoraggiamento ci auguriamo possa avvenire per tutti al più presto.















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